La parola della settimana: OTTOTIPO



ottòtipo

(Parole crociate senza schema 47131)


Sost. s. m. (anche, optòtipo) [dal gr. ὀπτός /optós/ “visto” o “visibile” e τύπος /týpos/ “impressione”, “segno” o “forma”]: ciascuno dei segni o simboli standardizzati, stampati su apposite tavole utilizzate in oculistica per misurare la vista umana.

L'origine degli ottotipi risale alla metà del XIX secolo, quando divenne evidente la necessità di sviluppare un metodo affidabile per misurare l'acuità visiva. Prima di allora, i test della vista erano in gran parte soggettivi, e alle persone veniva chiesto di descrivere quanto bene riuscivano a vedere vari oggetti. Fu Herman Snellen, un oftalmologo olandese, a rivoluzionare questa tradizione quando presentò, nel 1862, il primo test della vista strutturato, noto oggi come tabella di Snellen. Questo sistema introduceva gli ottotipi, sotto forma di lettere accuratamente progettate secondo rigorosi principi ottici.

L'innovazione di Snellen si basava sul principio che, affinché un oggetto possa essere diconosciuto come forma distinta, i suoi dettagli critici, come lo spessore dei tratti o lo spazio in una C di Landolt, devono sottendere un angolo di un minuto d'arco, a una data distanza. Ogni ottotipo di Snellen è progettato in modo che la sua altezza complessiva sottenda cinque minuti d'arco, garantendo una difficoltà uniforme tra diverse dimensioni e distanze.

Con l'evolversi della scienza dell'ottica visuale anche il design degli ottotipi si è evoluto. Il grafico LogMAR, introdotto negli anni Settanta, ha perfezionato la metodologia spaziando gli ottotipi in modo logaritmico anziché con incrementi arbitrari, permettendo misurazioni più precise dell'acuità visiva. Nel frattempo, i ricercatori hanno esplorato ottotipi alternativi per le persone che non sono in grado di leggere le lettere standard, inttroducendo innovazioni quali il Landolt C, il Tumbling E e i Lea Symbols per i bambini.

Ottotipi su una tavola di Snellen.
Immagine creata da Jeff Dahl, 2008.


Gli ottotipi sono molto più di semplici lettere o simboli; sono progettati per essere otticamente e matematicamente coerenti. Diversi principi chiave ne regolano la costruzione: 
  • Proporzioni uniformi – La larghezza del tratto di ogni optotipo è esattamente un quinto della sua altezza totale, garantendo una difficoltà uniforme tra le diverse dimensioni.
  • Spaziatura controllata – Una corretta spaziatura degli optotipi previene gli effetti di affollamento, che possono interferire con una misurazione accurata dell'acuità.
  • Sensibilità al contrasto – Mentre la maggior parte degli ottotipi sono visualizzati in alto contrasto (nero su bianco), vengono utilizzate delle variazioni per testare la sensibilità al contrasto, aspetto importante della funzione visiva.
Nel corso del tempo, sono stati poi sviluppati diversi ottotipi per adattarsi a vari scenari di test:
  • Lettere di Snellen – Gli optotipi originali, utilizzati nella maggior parte degli esami della vista standard. Le lettere C, D, E, F, L, O, P e Z sono comunemente utilizzate per la loro complessità e i loro tratti variabili.
  • C di Landolt – Un anello con un'apertura, orientato in diverse direzioni. È ampiamente utilizzato nella ricerca e negli standard internazionali di visione.
  • Tumbling E – Una “E” stilizzata in diversi orientamenti, che consente di eseguire test visivi senza richiedere l'alfabetizzazione.
  • Simboli Lea – Forme semplici (casa, cerchio, quadrato, mela) progettate per bambini e persone non verbali.
  • Test HOTV – Utilizza solo quattro lettere (H, O, T, V), rendendo più facile il riconoscimento e la differenziazione per i bambini piccoli.
L'ottotipo più piccolo che una persona può identificare correttamente determina la sua acuità visiva, spesso espressa come frazione di Snellen, ad esempio 10/10 (in paesi che utilizzano il sistema metrico decimale) o 20/20 (in paesi che utilizzano il sistema imperiale). Questa frazione indica la distanza alla quale una persona può riconoscere un ottotipo rispetto a un occhio normale. Un punteggio LogMAR (logaritmo dell'angolo minimo di risoluzione) fornisce un'alternativa più precisa, soprattutto in ambito clinico.

Per chi soffre di disturbi che compromettono la percezione dei contrasti, gli ottotipi possono essere utilizzati anche nei test di sensibilità al contrasto, in cui i simboli svaniscono gradualmente anziché rimpicciolirsi, fornendo informazioni su patologie come la cataratta o la degenerazione maculare.

I moderni test della vista si sono estesi oltre le tabelle stampate. Gli ottotipi digitali, visualizzati su schermi con luminosità e contrasto controllati, stanno diventando sempre più comuni. I progressi nella realtà virtuale e nei test di visione adattiva stanno inoltre aprendo la strada a esami oculistici più mirati e accurati.

Tuttavia, nonostante questi progressi tecnologici, i principi fondamentali della progettazione degli ottotipi rimangono invariati. Che si tratti di una tabella di Snellen tradizionale o di un display digitale ad alta tecnologia, gli ottotipi continuano a fungere da standard di riferimento per misurare la vista, uno dei nostri sensi più vitali.

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