La parola della settimana: LEANDRO



Leandro 

(Incroci obbligati 63139)


Nome proprio di persona maschile che significa "uomo-leone" (dal greco Λέανδρος /Léandros/, der. di λέων /léon/ "leone" + ἀνδρός /andrós/, forma gen. di ἀνήρ /anér/ "uomo").  Nel cruciverba in discorso, il riferimento è al protagonista maschile del mito di Ero e Leandro, tragica storia d'amore della tradizione greca antica, ambientata sulle sponde opposte dell'Ellesponto, oggi noto come Stretto dei Dardanelli. Il racconto, tramandato dalla letteratura classica e poi ripreso durante il Rinascimento, è stato a lungo considerato una storia di devozione eterna e passione sfortunata.

Ero (gr.  Ἡρώ /Heró/) era una sacerdotessa di Afrodite, la dea dell'amore, che viveva in una torre a Sesto, città situata sulla sponda europea dell'Ellesponto. Ero aveva fatto voto di castità, in virtù del suo ruolo. Leandro viveva sulla sponda opposta, ad Abydos. Il giovane si innamorò di Ero durante una festa religiosa. Nonostante i voti, Ero ricambiò il suo amore e i due iniziarono una relazione segreta.

Poiché erano separati dal mare ed Ero non poteva lasciare la sua torre, gli amanti escogitarono un modo per incontrarsi: ogni notte, Leandro attraversava a nuoto lo stretto, guidato da una lampada che Ero accendeva alla finestra della sua torre. Questa traversata clandestina divenne un regolare appuntamento notturno. Sebbene l'Ellesponto non sia particolarmente ampio, misurando circa un miglio nel punto più stretto, è tuttavia noto per le forti correnti e le condizioni imprevedibili. La nuotata di Leandro simboleggiava quindi sia i rischi dell'amore, sia l'intensità della sua devozione.

Una notte, una violenta tempesta spense la lampada di Ero. Privato della guida della luce, Leandro perse l'orientamento nell'oscurità e fu travolto dal mare. La mattina seguente, Ero scoprì il suo corpo riverso sotto la sua torre. Affranta dal dolore, si gettò in mare e annegò.

La storia si conclude con gli amanti uniti solo nella morte, un motivo ricorrente nella mitologia greca, successivamente ripreso e rielaborato nella letteratura occidentale.

La prima versione completa del mito che ci è pervenuta risale al poeta greco Musaeus, detto Grammaticus, autore del breve poema epico Ero e Leandro (Ἡρὼ καὶ Λέανδρος),  scritto probabilmente nel V o VI secolo d.C. 

Anche Ovidio allude  alla leggenda di Ero e Leandro nelle sue Eroidi, dando voce a Ero in una lettera indirizzata al suo amante annegato. Durante il Rinascimento, Christopher Marlowe scrisse un poema narrativo intitolato Ero e Leandro, che fu completato postumo da George Chapman.

Nel 1810, Lord Byron, ispirato dal mito, attraversò a nuoto l'Ellesponto imitando Leandro. In seguito scrisse della sua impresa nella poesia Written After Swimming from Sestos to Abydos.

Il mito di Ero e Leandro affronta i temi dell'amore, della perseveranza, del destino e dei limiti della sfida umana contro le forze naturali. La traversata a nuoto di Leandro è stata spesso interpretata come una metafora delle prove dell'amore, mentre la lampada spenta simboleggia la vulnerabilità e il ruolo del caso nella vita umana.

Il nome Leandro, uomo-leone, connota forza, ma il suo destino sottolinea la fragilità mortale che l'amore e la passione possono mettere a nudo.

Questo mito, sebbene breve nella sua trama, ha avuto una lunga vita culturale, ispirando poeti, pittori e persino nuotatori moderni. Rimane uno dei racconti più struggenti dell'antichità sull'amore distrutto dalla natura, dalla distanza e dal destino.


Nicolas Régnier, Ero e Leandro, olio su tela, ca. 1625–1626.
National Gallery of Victoria, Melbourne (Australia).

Pittore fiammingo attivo in Italia, Régnier unisce dramma
caravaggesco e sensibilità nordica in questa scena mitologica
di intensa espressività.

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