La parola della settimana: CONTROVELACCINO
Nei velieri con armamento a vele quadre, ogni albero poteva portare più vele disposte in verticale. Sull'albero di trinchetto, che era quello a proravia dell'albero di maestra, l’ordine abituale delle vele era (partendo dalla base verso l’alto): trevo di trinchetto, parrocchetto, parrocchetto volante, velaccino e, infine, controvelaccino. Quest’ultima vela occupava dunque il quinto livello verticale (o il quarto, se l'albero era dotato di sole quattro vele) ed era armata su un pennone quadro, manovrato tramite drizze, borose e scotte. Data la sua posizione elevata, per issare o ammainare questa vela era necessario salire fino alla cima dell’albero, un compito particolarmente arduo in condizioni meteorologiche difficili.
Il controvelaccino non veniva impiegato con vento forte, poiché la sua funzione principale era quella di aumentare la superficie velica disponibile quando le vele inferiori erano già spiegate. Sebbene la sua spinta fosse limitata, se ben gestito contribuiva alla velocità e alla stabilità della nave. Tuttavia, proprio per la sua posizione e leggerezza, era tra le prime vele a essere ammainate in caso di peggioramento del tempo.
L’uso del controvelaccino si diffuse tra il XVIII e il XIX secolo, soprattutto a bordo di navi mercantili e da guerra. Il termine inglese (royal sail) potrebbe derivare dalla Royal Navy britannica, forse per indicare una vela impiegata su unità di prestigio o di commissione reale. In seguito, la denominazione si è estesa anche ad altri contesti marittimi, sia civili sia militari.
In italiano, il termine “controvelaccino” deriva da “controvelaccio” (la vela più alta dell'albero di maestra), con l’aggiunta del suffisso diminutivo “-ino”. Il prefisso “contro-” in ambito nautico ha valore relazionale, indicando una vela sovrapposta o contrapposta rispetto a un’altra (come nel caso del controfiocco). Il nome suggerisce così una vela più piccola situata sopra il velaccino, in linea con la sua collocazione sull’albero.
Nella tradizione nautica italiana, il termine “controvelaccino” viene usato specificamente per indicare la vela più alta sull’albero di trinchetto, cioè quello prodiero. Sugli alberi di maestra e mezzana, invece, la vela della stessa forma, funzione e posizione si chiama, rispettivamente, "controvelaccio" e "controbelvedere". Questa distinzione si discosta dalla prassi anglosassone, dove la royal sail mantiene lo stesso nome su tutti gli alberi su cui è presente.
Nell’immaginario artistico e letterario, il controvelaccino è spesso simbolo della nave a pieno carico, con vele spiegate, impiegata in raffigurazioni che suggeriscono condizioni di mare calmo e propizio. Non di rado, tuttavia, compare anche in dipinti che ritraggono scenari di tempesta o mari agitati, in cui il suo utilizzo reale sarebbe stato improbabile: in questi casi si tratta con ogni probabilità di una licenza artistica o di una svista tecnica.
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